Riflessioni sull’editoria digitale

Digitale batte cartaceo su Amazon.it
Digitale batte cartaceo su Amazon.it

MAGGIO 2013. Su Amazon.it per la prima volta l’edizione digitale di un libro supera – in termini di numero di vendite – quella cartacea; e non si tratta di un’opera “di nicchia” (passatemi l’espressione), bensì dell’ultimo romanzo di Dan Brown, un annunciato bestseller da milioni di copie.

Quando lessi la notizia, mi chiesi se (finalmente) qualcosa si stesse muovendo nel mondo degli eBook oppure se si trattasse di un caso isolato, una pura e semplice coincidenza. Sino ad allora, infatti, l’editoria digitale aveva stentato non poco a conquistare una fetta di mercato rilevante nel nostro Paese, per le ragioni più disparate: prezzi non competitivi, cataloghi limitati, numero di lettori statisticamente inferiore rispetto ad altri Paesi, … .

Senza dimenticare ovviamente la diffidenza e l’ostilità di parte dell’editoria tradizionale nei confronti dei profondi mutamenti e delle sfide insiti nella transizione da cartaceo a digitale, a cominciare dalla lotta alla pirateria.

OGGI. A distanza di molti mesi la situazione appare decisamente più rosea: è assai raro – ma purtroppo ancora accade – che un editore non pubblichi un’opera anche in formato digitale. Un ruolo fondamentale l’hanno giocato sicuramente Amazon, grazie al rapporto qualità/prezzo dei dispositivi Kindle e ad un catalogo di libri pressoché sterminato, e l’ampia diffusione dei tablet, spesso impiegati come dispositivi di lettura.

I tablet, in particolare, hanno reso più evidente la convenienza del digitale, altrimenti gravato dal costo del lettore di eBook, che si ammortizza tanto più facilmente quanti più libri si acquistano, certo, ma che presuppone una forbice nel prezzo di copertina (tra digitale e cartaceo) non sempre apprezzabile.

  1. INDICE
  2. 1. Vantaggi di un eBook
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  4. 2. Il dilemma dello standard
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  6. 3. Uno sguardo dalla gabbia
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  8. 4. Il modello utopico

Nonostante gli innegabili vantaggi dei libri digitali, cui accenno nel seguito dell’articolo, non credo che il cartaceo ci abbandonerà tanto facilmente e probabilmente ci attende un lungo (e felice, si spera) periodo di coesistenza: non credo di essere in torto ad affermare che il supporto cartaceo sia decisamente più comodo per prendere appunti, ad esempio.

In questo articolo mi addentro nella giungla degli eBook, cercando di offrire indicazioni utili a districarsi tra formati aperti e chiusi, protezioni DRM, dispositivi di lettura, … .

Vantaggi di un eBook (le foreste ringraziano)

In prima battuta vorrei proporre la mia personalissima lista dei punti di forza del supporto digitale rispetto a quello cartaceo.

Impatto sull’ambiente
Il primo elemento da considerare è l’impatto ambientale: dalla stampa (inchiostro, carta, …) al trasporto (distribuzione, ritiro delle copie invendute, …), molte sono le attività ad elevato impatto ambientale che vengono meno. Quando acquisto un eBook, mi piace pensare che qualche albero sparso per il mondo sia stato risparmiato.
Riduzione dei costi di realizzazione
Soffermandoci sui costi di realizzazione, è facile immaginare che l’eliminazione della stampa e della distribuzione fisica sul territorio si traduca in costi inferiori per la realizzazione di libri digitali. Quindi anche il prezzo diminuisce, giusto? A volte sì, a volte no. E non dipende solo dalla casa editrice… .
Minor prezzo d’acquisto
Il prezzo d’acquisto di un eBook è generalmente inferiore all’equivalente cartaceo, anche se la differenza può diventare così risibile da chiedersi se qualcuno della filiera non ne stia approfittando. Occorre tuttavia tenere presente che gli eBook non sono trattati dal punto di vista fiscale alla pari dei cartacei: ai primi viene infatti applicata l’aliquota IVA del 22% anziché del 4%. Il giorno in cui questa distinzione filosofica dovesse finalmente cadere sarà motivo di gran festa per tutti i lettori.
Immediatezza di acquisto
La rivoluzione digitale non coinvolge solo l’esperienza di lettura, ma anche quella di acquisto: con pochi click – a qualsiasi ora del giorno – possiamo acquistare, scaricare sul nostro lettore ed iniziare a leggere un libro. Quale destino attende allora le librerie fisiche? Difficile che vadano incontro ad un’inesorabile estinzione, come alcuni sembrano temere; piuttosto dovranno “riqualificarsi”, ricavandosi uno spazio ed un ruolo differenti, meno negozio (difficile competere con il web in termini di comodità e convenienza) e più luogo di cultura. Non dimentichiamoci che oggi le librerie fisiche restano il canale fondamentale attraverso cui scopriamo nuovi libri o autori, facendoci magari consigliare da chi le gestisce.
Comodità di fruizione
Vi è mai capitato di tenere in mano tomi poderosi (Il Signore degli Anelli, I Mammut di Newton & Compton, …) scontrandovi con evidenti problemi di maneggevolezza? O di scegliere il libro da portare con voi (in viaggio o in vacanza) in base alla relativa mole? Con gli eBook è possibile finalmente portare con sé l’intera biblioteca in poche centinaia di grammi, ossia il peso del proprio lettore (tablet, eReader, …), senza doversi preoccupare di ricavare spazio nella libreria per fare posto all’ultima opera. Niente male, vero? Inoltre vi basta un servizio di condivisione online (ad es. Dropbox) per avere a disposizione i vostri libri ovunque voi siate.
Nessun deterioramento materiale
Ultimo – ma non per importanza – vantaggio è la durabilità: a differenza della carta, il file digitale non è soggetto a deterioramento. Su lungo periodo si pone un problema differente, ossia la leggibilità dei formati: dal momento che la consultazione di un eBook avviene mediante un dispositivo, cosa succederebbe se un giorno sparissero dalla circolazione quelli in grado di leggere un formato specifico? Semplicemente, l’eBook non sarebbe più consultabile. Per questa ragione è preferibile scegliere formati basati su standard aperti: essendo pubbliche le relative specifiche, chiunque è in condizione di sviluppare dispositivi o applicazioni in grado di leggerli.

Il dilemma dello standard (il ballo dei formati)

La questione del formato potrebbe apparire secondaria: in fin dei conti l’uno vale l’altro fintanto che riesco a leggere il libro che ho acquistato. In realtà ci sono risvolti delicati da considerare, che impongono di valutare attentamente la questione. Quanto attentamente lo lascio decidere a voi.

Formati di ebook
In all ebook formats – LeftWriting @ Flickr

Partiamo dal principio: il termine eBook indica genericamente un libro in formato digitale, che può essere pubblicato in diversi formati (ePub, MOBI, iBooks, AZW, …), riconducibili a due gruppi: chiusi (o proprietari) e aperti. La differenza cruciale risiede nel fatto che solo per i secondi sono pubblicamente note – in ogni dettaglio – le modalità con cui vengono rappresentati e codificati i relativi contenuti.

Formati proprietari. I formati chiusi sono generalmente sfruttati dai relativi creatori per vincolare la fruizione (e spesso anche l’acquisto) degli eBook ai dispositivi da loro stessi commercializzati, e viceversa. Acquistare un libro in un formato proprietario obbliga sovente ad utilizzare il lettore della stessa azienda e a dipenderne, in futuro, sempre e comunque per poterlo consultare; analogamente, se si acquista un loro dispositivo si finisce – per convenienza, comodità, necessità, … – ad acquistare gli eBook nel formato proprietario.

Il legame indissolubile che si instaura tra libro e dispositivo di lettura va tenuto ben presente, giacché sottende – celando sotto il tappeto, mi verrebbe da dire – rischi notevoli legati all’effettivo controllo e possesso del libro regolarmente acquistato e alla cessazione di commercializzazione da parte dell’azienda (per qualsiasi ragione, anche cause di forza maggiore) dei dispositivi necessari a consultarli.

Il caso Amazon. Il caso di Amazon è assolutamente esemplare: utilizzando un formato proprietario, consultabile esclusivamente tramite i dispositivi della famiglia Kindle o i servizi collegati (Kindle Cloud Reader), l’azienda può permettersi di vendere i propri eReader con margini di guadagno minimi contando sul fatto che gli utenti saranno poi spinti ad acquistare gli eBook tramite il rispettivo portale. Insomma, i dispositivi Kindle rappresentano un vero e proprio “cavallo di troia” per il vero business di Amazon, ossia la vendita di libri digitali.

Logo del formato ePub
Logo del formato ePub

Non ci sarebbe nulla di male in questo, purché si lasciasse agli utenti la libertà di scelta, ma il meccanismo si regge sul vincolo tra formati e dispositivi. Tornando al caso Amazon, i Kindle non supportano il principale formato standard e aperto degli eBook – l’ePub – utilizzato da pressoché tutti gli editori; considerando che la politica più diffusa costringe a scegliere un solo formato in fase di acquisto, a meno di pagare tante volte quanti sono i formati desiderati, occorre optare per il formato MOBI (compatibile con i Kindle, ma decisamente meno diffuso di ePub e PDF) oppure procurarsi software – gratuiti o meno – ed effettuare la conversione (il più noto è Calibre). Ma la conversione dal canto suo non garantisce un risultato fedele al 100% rispetto all’originale, particolarmente in presenza di eBook caratterizzati da layout e contenuti complessi.

Formati aperti. Dovrebbe apparire dunque chiaro perché – ove possibile – si dovrebbe optare per un formato aperto:

  • non si è vincolati ad un unico venditore e/o ad una specifica famiglia di dispositivi
  • si ha garanzia di leggibilità futura, non essendo il destino del formato legato a quello dell’azienda che lo ha creato e/o lo utilizza nei propri prodotti (AZW per Amazon, iBooks per Apple, …)
  • si è possessori a pieno titolo dell’opera acquistata

In quest’ultimo aspetto si annida il vero male dell’editoria digitale: i meccanismi di protezione dei contenuti (i cosiddetti DRM) in nome della sacrosanta tutela del copyright arrivano ad imporre vincoli restrittivi alla fruizione dei libri regolarmente acquistati, ad esempio limitando il numero di dispositivi utilizzabili o rendendo impossibile la creazione di copie di riserva del file.

L’unico limite alla perversità delle soluzioni adottate sembra dettato dalla creatività di chi le progetta. Il risultato finale? Le misure adottate per arginare il fenomeno della pirateria finiscono col rendere impossibile la vita al lettore onesto, incentivandolo a procurarsi i libri tramite canali illegali per poterli consultare in totale libertà.

Uno sguardo dalla gabbia (DRM e libertà dell’utente)

Anche stavolta iniziamo dalle basi: l’espressione DRM indica genericamente i meccanismi di protezione dei contenuti digitali adottati per tutelare i creatori dell’opera dalla pirateria e dalla distribuzione illegale dei contenuti. E fin qui nulla di male, ci mancherebbe altro. Il problema va individuato nelle soluzioni proposte, che per tutelare autori, curatori, editori, traduttori, … impongono stringenti limitazioni alla fruibilità delle opere legittimamente acquistate.

Lo scenario. L’avvento del digitale ha reso necessario individuare soluzioni nuove per conciliare le esigenze dei creatori (veder ricompensato il proprio lavoro) e dei lettori (consultare nella massima libertà i libri acquistati), essendo diventato innegabilmente più semplice copiare, scambiare e distribuire i libri. L’aspetto più interessante della faccenda è che già esistono soluzioni non invasive, che in un mondo ideale potrebbero mettere tutti d’accordo (mi riferisco ai social DRM), ma prevale il timore da parte dei creatori di contenuti di essere travolti dalla pirateria, inducendoli ad adottare misure sempre più restrittive. E se è vero che le buone soluzioni esistono, esse fanno spesso affidamento sull’onestà del lettore/cliente.

Il problema pirateria. Vorrei soffermarmi brevemente sull’eterno dibattito riguardante il legame – propugnato da autori, editori, … – tra pirateria e mancati introiti, giustificazione principe per l’adozione di tecnologie DRM sempre più sofisticate ed invasive. In sostanza ci viene detto che ogni libro (e – in generale – opera digitale) ottenuta illegalmente rappresenti un mancato introito per la rispettiva filiera produttiva. Fatto salvo di considerare in questo contesto la pirateria come acquisizione del libro a titolo gratuito per uso personale e dunque senza fini di lucro, da numerosi studi commissionati nel corso degli anni sembra emergere uno scenario antitetico, nel quale coloro che scaricano illegalmente sono anche i più propensi ad acquistare il prodotto se lo ritengono valido.

Sfidare la pirateria. La (probabile) verità è che la pirateria per scopi personali potrebbe essere sconfitta molto più semplicemente puntando su tre elementi chiave: qualità, prezzo e disponibilità. Un prodotto digitale di qualità venduto al giusto prezzo senza restrizioni o vincoli geografici e temporali – se è digitale che differenza puoi mai fare il Paese da cui lo sto comprando? – probabilmente soddisferebbe la maggior parte delle persone.

Sulla qualità mi permetto una piccola digressione, che dovrebbe rendere l’idea: nel mondo videoludico fino a qualche anno fa per valutare un videogioco si scaricava la demo e lo si provava. Oggigiorno le demo sono una rarità e probabilmente non è un caso: impedendo agli utenti di farsi un’idea della qualità e del personale gradimento di un gioco tramite la demo, infatti, lo si costringe ad un acquisto a “scatola chiusa” (ragion per cui molto contano le strategie di marketing e si punta sui franchise, ossia le serie il cui nome è garanzia di vendite, e sull’impatto visivo della grafica). Verrebbe oltretutto da domandarsi perché negare al cliente il diritto di provarlo prima dell’acquisto se si ha fiducia nella qualità del prodotto che si realizza (io un’idea me la sono fatta).

In generale dunque la pirateria rappresenta per molti un’opportunità per valutare la qualità del prodotto prima di investirci il proprio denaro (che vale la pena ricordare essere in misura finita) ed acquistarlo. E in un quadro simile non vorrei che le tecnologie DRM si rivelasseso controproducenti, rischiando di scoraggiare l’acquirente dal pagare il libro alla luce delle limitazioni cui rischia di andare incontro.

La scelta di accettare o meno l’impiego di certe tecnologie DRM ricade infine su ciascuno di noi, nel momento in cui decidiamo di acquistare o meno una certa opera. Ma una scelta consapevole non può prescindere da una corretta e completa informazione, ragion per cui cercherò di illustrarvi brevemente le due principali soluzioni adottate per aiutarvi a “riconoscerle” nei principali negozi online.

1. Adobe DRM. La tecnologia di protezione dei contenuti invasiva più diffusa (uno standard de facto, possiamo dire) è stata sviluppata da Adobe ed ha raggiunto di recente la versione 3.0. Questa soluzione richiede un account Adobe (gratuito) e l’applicazione Adobe Digital Editions, anch’essa liberamente scaricabile dal sito Adobe ma disponibile solamente per sistemi Windows e MacOS.

Il primo aspetto che vorrei sottolineare è che – ancora una volta – si dipende da terzi (Adobe, nel caso specifico) per la fruizione dei libri regolarmente acquistati e dunque non si può dire di possederli veramente. E a confermare questi timori l’ultima versione – la 3.0 – di Adobe Digital Editions introduce un nuovo algoritmo di cifratura dei contenuti, che l’attuale generazione di eReader non supporta. Risultato? I singoli produttori sono chiamati a rilasciare un aggiornamento del firmware dei propri dispositivi; se non lo faranno, chi li possiede non sarà in grado di leggere i libri protetti dalla nuova tecnologia di Adobe.

In generale, la tecnologia sviluppata da Adobe associa le opere acquistate al vostro account (l’Adobe ID) e vi permette di copiare i file in un numero massimo di 6 dispositivi (ovviamente compatibili con la tecnologia in questione) contemporaneamente; da notare l’impossibilità di effettuare copie di backup delle opere trattandosi di file cifrati. Ulteriori restrizioni (numero di dispositivi, stampa, …) sono lasciate alla discrezione del singolo editore.

Inutile aggiungere che pressoché tutte le grandi case editrici italiane adottano questa soluzione, che offre il totale controllo sulla fruizione delle opere digitali tramite la piattaforma Adobe Digital Editions.

2. Social DRM. Il social DRM rappresenta prima che una tecnologia un approccio radicalmente diverso ai problemi illustrati in precedenza. In questo caso non vi è alcun tentativo di limitare la libertà dell’utente, ma ci si limita – dal punto di vista tecnico – ad applicare una filigrana digitale spesso invisibile per tracciare l’identità dell’acquirente/proprietario dell’opera; le informazioni incluse possono essere il nome e cognome, il numero d’ordine, … .

Nessuno vi vieta di diffondere il file, ma la presenza di informazioni più o meno nascoste che consentano di risalire all’acquirente dovrebbe rappresentare nelle intenzioni un disincentivo adeguato.

Questa soluzione è particolarmente diffusa – almeno in Italia – nelle piccole e medie case editrici; per citare alcuni esempi concreti Chiarelettere, Fanucci, Newton Compton, Nutrimenti, … .

Il modello utopico (cose dell’altro mondo)

Vorrei concludere questo lungo articolo con un invito alla speranza (o alla disperazione italiana, dipende dai punti di vista) perché da oltreoceano arriva un grande insegnamento per tutti gli editori, italiani e non.

Chiudete gli occhi e immaginate che esista un editore che vi permetta di acquistare opere digitali alle seguenti condizioni:

  • accesso a tutti i formati disponibili (pagando una volta sola, sia chiaro)
  • aggiornamenti gratuiti, ad esempio a fronte di correzioni degli errori presenti nel testo
  • nessuna tecnologia DRM di qualsivoglia genere (Adobe DRM, Social DRM, …)
  • libertà di consultare l’opera su qualsiasi dispositivo, di farne infinite copie di riserva e di prestarla a terzi

Ora aprite gli occhi e visitate il sito ufficiale dell’editore americano O’Reilly, uno tra i principali editori mondiali di manuali di informatica (e non solo). E cogliete l’occasione per festeggiare la giornata contro i DRM.

Day Against DRM | O'Reilly Media
Day Against DRM | O’Reilly Media

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